Quando ho iniziato con i cavalli, molti anni fa, un mio sogno ricorrente era quello di galoppare lungo una spiaggia in riva al mare senza sella e senza briglie.
Ricordo che mentre sognavo provavo reali sensazioni di benessere, dovute alla percezione di forza e libertà che mi trasmetteva quell’immagine e al sentire di poter controllare ogni movimento del cavallo con la sola forza del pensiero.
Una sensazione fantastica, che riuscivo a provare nonostante nella vita reale non avessi mai fatto una cosa del genere.
A quel tempo pensavo e tuttora lo penso, che la forza dei sogni è proprio questa, percepire attraverso di essi emozioni e sensazioni, passate, reali, irreali o che devono ancora avverarsi. ‘Sentire’ che esiste qualcosa e crederci quando ancora non conosci la strada per arrivarci.
Oggi posso dire di avere una visione molto più chiara e concreta di quel sogno e di aver ‘toccato’ più volte quella sensazione di sintonia ed empatia con il cavallo, ma in base alla mia esperienza ho capito che per raggiungerla non basta solo la passione o il cuore ma ci vuole anche impegno e preparazione.
Essere preparati non è qualcosa di soggettivo come credono in molti ma è qualcosa di oggettivo in base a dei parametri.
(Se vuoi approfondire questo argomento clicca QUI e leggi l’articolo: bridleless for beginners)
Se ho un cavallo che non rimane concentrato su di me, che non risponde in modo ‘leggero’ agli aiuti di gamba, alle variazioni di peso, alla voce, alle redini, ecc. significa che non ho un cavallo sufficientemente preparato per determinate situazioni.
Se non ho un assetto indipendente, se non so praticare tutte e tre le andature con la stessa facilità e disinvoltura, se ho paura del cavallo, se faccio difficolta a girare, fermarmi, indietreggiare, ecc. significa che non sono un cavaliere sufficientemente preparato per certe prestazioni.
Molto di frequente invece, si vedono cavalieri che improvvisano o si sopravvalutano.
Esibiscono il loro cavallo montato senza sella o bridleless, con il collare o la capezzina per dimostrare quanto sia fantastico il loro rapporto e il loro ‘approccio’ non coercitivo, quando in realtà il cavallo è poco connesso con loro e alle spalle c’è scarsa preparazione o conoscenza.
Vedere questo mi rattrista, non perché io mi ritenga superiore o perché voglia decidere cos’è giusto o sbagliato per gli altri, ma perché così facendo, passa il “messaggio” che per avere un buon rapporto con il cavallo ed essere naturali, basti solo togliere qualche finimento.
Purtroppo non è così e mai come di questi tempi, è stata data la possibilità a tanti, attraverso i social media, di diffondere concetti e filosofie poco attendibili e veritiere.
Un tipico esempio lo si vede in alcuni video dove il cavallo è montato bridleless in un piccolo tondino o recinto ed appare perfettamente ‘alla mano’.
In realtà, anche volendo, per il cavallo sarebbe impossibile sfuggire ai comandi del cavaliere, perché condizionato fisicamente e psicologicamente dallo spazio eccessivamente ridotto e delimitato.
Un’altro esempio sono i video in cui il cavallo è montato con il collare o in capezza, ma strattonato e trascinato qua e là per l’arena, peggio che con una normale briglia o imboccatura. Senza tatto, connessione e leggerezza ma con azioni meccaniche, goffe e ‘pesanti’.
Questi filmati purtroppo, trovano numerosi commenti di gradimento tra la gente, ma la verità è che rappresentano un modo di cavalcare semplicistico e superficiale.
Non emerge l’abilità dei cavalieri ma l’infinita pazienza e tolleranza di alcuni cavalli, che per indole o razza, sanno restare docili e maneggevoli davanti a qualsiasi situazione o trattamento.
Questa ‘moda dilagante’ di voler credere che se uno non ha l’imboccatura o gli speroni è un amante dei cavalli mentre uno che pratica l’equitazione classica o di altro tipo sia un “torturatore” di animali, sta portando veramente le persone a non saper più valutare con cognizione che cosa sia l’equitazione di qualità.
Personalmente credo che l’equitazione non si possa ridurre o limitare in esclusivi stili o filosofie.
Per questo ho ideato un metodo mio, prendendo il meglio di quello che ho imparato e provato in più di trent’anni di formazione.
La differenza non la fa una disciplina o l’altra o un metodo e l’altro ma il modo con cui si fanno le cose.
Il fatto di non avere un’imboccatura non fa molta differenza dall’averla, perché ‘comunicare’ con il cavallo non è solo con le briglie. Un cavallo ha la capacità di imparare e mettere in atto la stessa azione, anche se è insegnata in tanti modi diversi.
Togliere un finimento o un’attrezzatura non significa per forza essere più bravi, etologici o naturali.
Togliere anziché mettere non è meglio per partito preso!
Cavalcare non significa salire in groppa a un cavallo e andare, perché lo amiamo alla follia e quindi andrà tutto bene.
Cavalcare significa avere delle competenze, conoscere le attrezzature, avere tatto, fare una corretta pratica, conoscere la psicologia del cavallo, ecc.ecc.
Bridleless non è togliere l’imboccatura e avere il cavallo che risponde come per magia, ma è preparazione precedente fisica –mentale-emotiva, addestramento, allenamento, soprattutto e anche attraverso i finimenti prima di toglierli.
Pensare di poter controllare fisicamente un cavallo senza avere su di lui anche un controllo della mente e delle sue emozioni è come pensare di voler correre in moto senza aver controllato se funzionano i freni o se le gomme sono sgonfie.
Concludendo, ritengo che montare bridleless sia un emozione fantastica e un bellissimo modo per vivere il cavallo, ma la preparazione, il giusto “approccio” e una mentalità aperta, determinano il successo o il fallimento.
Bridleless è un modo di essere, una verifica della connessione che abbiamo raggiunto con il nostro cavallo, un test per capire se i segnali che gli diamo sono chiari e un modo ‘avventuroso’ e avvincente per migliorare noi stessi come persone e come cavalieri.
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